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Il mio intervento al Congresso provinciale dei GD Novara: perché facciamo politica

Non è facile, fare politica. A volte ti ritrovi a fare i conti con il tuo orgoglio ferito, costretto ad ammettere di aver commesso un errore, anche importante. Devi cambiare idea, e riannodare i fili delle delusioni subite.
È accaduto tante volte anche a me, nella mia piccola esperienza.

[…]

Abbiamo alle spalle la peggior sconfitta della Storia della sinistra dal 1948 ad oggi, un Congresso che ha riportato al potere una generazione che avrebbe dovuto cambiare le cose trent’anni fa, che ha fallito e non riesce ad ammetterlo e c’è una scissione che ha determinato la fine imbarazzante della parabola di Matteo Renzi.

E purtroppo Zingaretti, nonostante il volto buono e il sincero tentativo di introdurre elementi di rottura con il passato, fa fatica, soprattutto perché le sue prime, seconde, terze file sono occupate dagli stessi che già dieci anni fa avrebbero dovuto farsi da parte.

Non ho mai apprezzato chi distribuisce patenti di sinistra, soprattutto se quel qualcuno appena pochi anni fa ci raccontava di Blair, della Terza Via, del liberismo dal volto umano, poi dell’austerity come unica alternativa e oggi – di fronte ai disordini politici, ambientali, economici e sociali, di fronte ai fallimenti della globalizzazione, di fronte allo scoppio delle contraddizioni del capitalismo finanziario – brancola nel buio. È il balbettio della sinistra ad aver lasciato spazio alla peggior destra dal fascismo ad oggi.

Oggi, di fronte a quella destra e di fronte al tentativo di Renzi di ridurre la contesa politica ad un confronto fra il suo centrodestra moderato e la destra di Salvini, abbiamo bisogno di ridefinire con urgenza la collocazione e il ruolo del Partito Democratico nel campo del centrosinistra italiano, riportando al centro un linguaggio e dei valori che sembravano da troppo tempo dimenticati.

La portata della nostra sfida

Oggi qui mi candido a segretario provinciale portando un’idea di cosa dovremmo fare noi oggi per raccogliere questa sfida e interpretarla in tutta la sua portata.

Ho capito che la nostra generazione deve costruirsi da sé il proprio riscatto.

Siamo un paese dove gli under 17 sono la classe oppressa dalla povertà. Un paese nel quale i giovani avranno un futuro più incerto dei loro padri. Un paese nel quale una madre e un padre non possono assicurare ai propri figli prospettive di vita migliori delle loro.

Siamo il paese dove si chiudono i porti alle ONG che salvano i disperati, ma non si riesce a trattenere la marea di donne e uomini che ogni anno scappano in cerca di un lavoro e di una felicità che l’Italia non sa offrire.

Siamo il paese che dispone di un patrimonio naturale straordinario, ma non ha idea di come attuare la riconversione ecologica dell’economia che serve.

Siamo il paese nel quale l’ascensore sociale è immobile, e l’emancipazione pare essere la barzelletta di ritrovarsi Di Maio Ministro degli Esteri.

In Italia ci sono questioni che ricalcano con evidenza la necessità più generale di cambiare il paradigma della nostra economia e della nostra società nella maniera più radicale, superando l’illusione del liberismo e contrastando la tentazione del nazionalismo.

Ne parlo nell’introduzione della mozione e non mi dilungo qui. Ma il punto è che è chiaro, guardando alla nostra storia, che la vecchia generazione ha fallito, e tocca a noi. Insieme a donne e uomini di buona volontà e di tutte le età, ma tocca a noi.

Tocca a noi, a partire da qui

Cambiare il mondo a partire dal proprio metro quadrato, ripeto spesso. E il nostro metro quadrato oggi sono i GD il PD a tutti i livelli. Per questo ho provato a descrivere la storia degli ultimi dieci anni di PD in ottica generazionale.

Perché anche la generazione di Renzi, di Civati, di Speranza, di Orlando, di Orfini, alla fine di questa parabola ha fallito. Adesso tocca a noi.

Tocca a noi dire se ci potrà essere un futuro per il milione di ragazzi che sono scesi in piazza a manifestare contro i cambiamenti climatici e per il milione di giovani che vive in condizione di povertà assoluta, per i 200mila che hanno lasciato il paese in questi anni, per noi che ci laureiamo e non sappiamo dove andare a sbattere la testa, per noi che – laureati, universitari o meno – passiamo di contratto precario in contratto precario, in un’esistenza frammentata. Proviamo da qui, da Novara e dal Piemonte, a rispondere per il nostro pezzo al grido di questa classe disagiata.

«Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere, e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia».

Vi ho proposto questa frase di Berlinguer come filo rosso della mozione, mettendo nero su bianco alcune proposte concrete che spero abbiate avuto modo di leggere. Ma la portata della nostra sfida è proprio questa.

Il primo metro quadrato è il Partito, il secondo sarà il nostro territorio, e per questo vorrei che insieme rendessimo la giovanile protagonista nell’organizzazione, nella redazione dei programmi e nelle candidature a partire dalle elezioni amministrative del 2020 ad Arona, del 2021 a Novara e Trecate e del 2022 a Borgomanero. E da qui, provare a ridare senso alla militanza, provare a rivoluzionare la politica del nostro paese.

Per chi, per cosa ci dobbiamo sacrificare

Non è facile fare politica. Spesso ci si ritrova a mettere in dubbio l’adeguatezza delle proprie capacità, ci si sente inariditi e insoddisfatti. Spesso ci si confronta con dinamiche di potere che vanificano l’impegno e la preparazione, mortificando la passione e l’entusiasmo. La politica ti chiede molto più di quanto ti dà, e rischia di essere un idolo a cui sacrifichiamo la nostra vita, diventandone schiavi.

Ma noi non dobbiamo sacrificare la nostra vita alla politica. Noi dobbiamo donare la nostra vita per le altre persone. Giovani, lavoratori e oppressi. Noi dobbiamo donare per loro il nostro tempo, sacrificare lì un pezzo di noi.

La politica è uno strumento, uno strumento importantissimo e nobile, il più efficace possibile, a servizio della felicità della persona umana.

La vita non si sacrifica al denaro, al potere, al successo, e nemmeno alla politica. Tutti questi sono strumenti. Strumenti da utilizzare con il giusto distacco, per riuscire a creare legami, relazioni, permettetemelo, per riuscire ad amare. Amare, che significa sacrificare sé stessi per gli altri.

Stare in una comunità come questa te lo insegna. Ti insegna a distinguere i mezzi dai fini, ti insegna per cosa è giusto e necessario sacrificare la propria vita ricevendone poi cento volte tanto in cambio.

Vorrei che facessimo di tutta la nostra federazione un posto così. Un posto pieno di ragazze e ragazzi liberi, che donano una parte della loro vita agli altri, ai giovani, ai lavoratori e agli oppressi, attraverso la politica. E so che possiamo farcela.

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