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Rapporto OCSE-Pisa: in Italia andiamo a scuola di disuguaglianza.

Parliamo di scuola, e dei drammatici risultati degli Invalsi.

I dati che abbiamo sentito, senz’altro preoccupanti, ci dicono che solo 1 studente su 20 riesce a comprendere un testo complesso, e che 1 su 4 ha difficoltà negli aspetti base della lettura.

Ma il fatto è che – guardando i punteggi – l’Italia si conferma un paese fondato sulla disuguaglianza.

Si conferma la disuguaglianza fra nord e sud, che in effetti si sta riducendo (verso il basso).

Ma se guardiamo ai Licei, la media di punteggio è attorno a quella dei primi 5 paesi del mondo.
Negli Istituti professionali, invece, siamo ai livelli della Thailandia.

E questo perché negli istituti professionali non importa che gli studenti imparino a leggere, tanto mica dovranno diventare classe dirigente.

In altre parole, se fai il Liceo è giusto che tu sia eccellenza. Se fai il professionale, devi solo formarti a diventare lavoro da sfruttare.

Siamo plasmati per accettare il destino che per fortuna o sfortuna ci è capitato di avere in eredità: se sei bravissimo a scuola e nasci in un contesto economico favorevole, in 9 casi su 10 vuoi fare l’università. Se nasci povero, solo in 6 su 10.

Ecco allora le domande per noi.

Vogliamo continuare ad occuparci di quell’1 su 20 che distingue fra fatti e opinioni, o vogliamo chiederci come potranno essere liberi gli altri 19? Vogliamo continuare a perpetrare un sistema che radica in profondità le disuguaglianze, oppure vogliamo offrire a tutte le studentesse e gli studenti, indipendentemente dal lavoro che sceglieranno di fare, gli strumenti per emanciparsi?

Si tratta di spendere di più sulla scuola (almeno 30 miliardi in più all’anno, mica qualche milione), ma si tratta di ripensare la struttura della nostra scuola.

Si tratta di non giudicare imbecilli i 19, quando la responsabilità è di quell’1 che – una volta diventato classe dirigente – preferisce mantenere immobile il sistema.

È nella scuola che nasce la maggior parte delle contraddizioni di questo sistema che poi – raccontandoci la storia della meritocrazia – cristallizza e giustifica la disuguaglianza.

È qui che dobbiamo combattere, senza ombra di dubbio. Perché la scuola italiana va ripensata dalle fondamenta.

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